La città ha ricordato Norma Cossetto e il suo amore per l’Italia

Una rosa deposta il piazza Matteotti e nel quartire marinaro per la studentessa istriana, seviziata e uccisa nel '43 dai partigiani di Tito

Anche Catanzaro ha ricordato Norma Cossetto. Oggi, sabato 2 ottobre, in due diversi siti della città – in centro, davanti al monumento ai caduti di piazza Matteotti; e nel quartiere marinaro, piazzale Martiri delle Foibe – il locale Comitato 10 Febbraio ha posto una rosa – si legge in una nota stampa – , aderendo alla rete nazionale denominata “Una rosa per Norma Cossetto”. Si tratta di una manifestazione promossa in circa 170 località in tutta Italia e all’estero dal Comitato 10 Febbraio con la finalità di onorare la memoria della giovane studentessa istriana che pagò con la vita il suo amore per l’Italia, finendo per essere seviziata e uccisa nel 1943 dai partigiani di Tito.

Una figura, quella di Norma Cossetto, che bisogna conoscere. Nata nel 1920 a Santa Domenica di Visinada, in Istria, nel 1939 si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Padova. È una ragazza sportiva, allegra e con molti interessi: parla francese e tedesco, suona il pianoforte, gioca a basket e tira con l’arco. L’attaccamento all’Istria la porta a ottenere una tesi sulla sua terra. Nel 1943 dopo la caduta del fascismo, l’esercito italiano si sfalda e il controllo del territorio, soprattutto in quelle terre di confine, viene meno. I gruppi partigiani che operano in quei luoghi vengono egemonizzati dalla componente slavo-comunista guidata dal maresciallo Tito con l’intento di invadere, occupare e annettere alla Jugoslavia la regione istriana. Fra l’8 settembre e il 9 ottobre 1943 le violenze titine si accaniscono contro gli italiani che vivono a Fiume, in Istria e Dalmazia. Il 25 settembre entrano in casa dei Cossetto e razziano tutto quello che trovano. Il giorno seguente portano Norma nella caserma di Visignano. Chiedono notizie del padre e poi le propongono di entrare nel Movimento Popolare di Liberazione, ma Norma rifiuta in maniera molto netta. Tornata a casa, il giorno dopo, viene nuovamente condotta al comando partigiano.

Norma e altri prigionieri sono trasferiti da Parenzo alla scuola di Antignana. Là comincia l’inferno per le donne e per Norma. Vengono tutte violentate e in particolare Norma: tenuta da parte e legata ad un tavolo, viene seviziata e violentata ripetutamente da 17 aguzzini di Tito. La notte tra il 4 e il 5 ottobre 1943 è gettata viva nella foiba di Villa Surani. Il padre, accorso da Trieste per cercarla, cade in un’imboscata insieme al cognato, e viene ucciso da un partigiano a cui aveva salvato la vita pochi mesi prima. Anche il corpo del padre viene infoibato.

Nel dopoguerra, l’8 maggio 1949, il Rettore dell’Università di Padova, Aldo Ferrabino, su proposta del Consiglio della Facoltà di Lettere e Filosofia, conferisce la laurea ad honorem a Norma Cossetto: “Caduta per la difesa della libertà.”
L’8 febbraio 2005, l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, concede alla giovane istriana la medaglia d’oro al merito civile con la seguente motivazione: “luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio”.
Il 10 febbraio 2011 l’Università degli Studi di Padova e il Comune di Padova, nell’ambito delle celebrazioni per il “Giorno del Ricordo” in memoria delle vittime delle Foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, scoprono nel Cortile Littorio del Palazzo del Bo’ una targa commemorativa.

Con queste parole la ricorda la sorella Licia: «Ancora adesso la notte ho gli incubi, al ricordo di come l’abbiamo trovata: mani legate dietro alla schiena, tutto aperto sul seno il golfino di lana tirolese comperatoci da papà la volta che ci aveva portate sulle Dolomiti, tutti i vestiti tirati sopra all’addome […] Solo il viso mi sembrava abbastanza sereno. Ho cercato di guardare se aveva dei colpi di arma da fuoco, ma non aveva niente; sono convinta che l’abbiano gettata giù ancora viva. Mentre stavo lì, cercando di ricomporla, una signora si è avvicinata e mi ha detto: “Signorina non le dico il mio nome, ma io quel pomeriggio, dalla mia casa che era vicina alla scuola, dalle imposte socchiuse, ho visto sua sorella legata ad un tavolo e delle belve abusare di lei; alla sera poi ho sentito anche i suoi lamenti: invocava la mamma e chiedeva acqua, ma non ho potuto fare niente, perché avevo paura anch’io”».

A 78 anni di distanza da quel terribile martirio – che non è stato l’unico nelle terre giuliano-dalmate – abbiamo tutti il dovere di ricordare esempi come quello di Norma, che pagando con la propria vita ha dimostrato l’attaccamento all’Italia. Deporre una rosa per Norma ha dunque questo significato di consapevolezza, di giustizia, di libertà e di pace”.

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